Paolo, uno dei più attivi soci della nostra Associazione, ci ha inviato il resoconto di una nuova e interessante avventura con protagonista il luppolo della Valtellina. Ecco passo a passo tutta la storia:
-“Come possiamo avere la vostra birra da distribuire ai nostri soci?”
-”Semplice: non è possibile; noi facciamo birra casalinga, che non può essere venduta!”
Queste sono state le prime battute di un progetto conclusosi esattamente un anno dopo con la produzione di una birra “biologica“ prodotta con segale antica prodotta a Teglio e luppolo coltivato al 100% in provincia di Sondrio.
Con un gruppo di amici, da qualche anno abbiamo iniziato a produrre birra casalinga (il cosiddetto ‘homebrewing’). Ci siamo appassionati, abbiamo iniziato a studiare il mondo della birra, creato le nostre ricette, ci siamo dati un nome – gruppo brassicolo ‘Salvadega’, poi trasformato in “I salvadech’ -, creato un’etichetta e comprato attrezzature che ci consentono di produrre fino a 100 litri di birra per cotta.
Nell’ottobre del 2014 siamo stati invitati da alcuni amici a produrre una birra in pubblico alla festa della birra di Castione Andevenno (SO). Avevamo deciso di preparare una ricetta rustica e legata in qualche modo alle tradizioni della nostra terra, come sono quasi tutte le birre che produciamo e così è nata la “Caurabèsul”, una stout con grano saraceno tostato fornito da un nostro amico, agricoltore e fornitore di materie prime “valtellinesi” (segale e grano saraceno prodotti usando semi certificati pro specie rara e metodi biologici), che in quell’occasione è venuto a vedere la cotta, accompagnato da Franco Rabbiosi, che aveva sentito di noi e voleva conoscerci e che si è presentato come interessato alla produzione di una birra da distribuire tra i soci del gruppo di acquisto solidale a cui appartiene. La nostra prima reazione è stata di spiegare l’impossibilità di fornire la birra che produciamo (vedi note), il nostro progetto “brassicolo” e fare assaggiare alcune delle birre che avevamo portato come esposizione per la giornata.
A quell’incontro ne sono seguiti vari altri che ci hanno portato a definire una soluzione inizialmente considerata troppo ambiziosa: far produrre la birra a un birrificio locale, fornendo la ricetta, manodopera e la maggior parte possibile delle materie prime.
Nel frattempo abbiamo anche ampliato una piccola coltivazione di luppolo che già avevamo (20 piante), portandola a un centinaio di piante di circa 30 diverse varietà (nel corso nel 2015 sono poi state portate a circa 150 piante grazie alla collaborazione con alcuni altri coltivatori italiani iscritti all’Associazione Italiana Luppolo) e questo ci ha permesso di avere una produzione di luppolo sufficiente a coprire il fabbisogno per circa 1500-2000 litri di birra nel 2015 e una previsione di circa il doppio per il 2016.
Le richieste del GASTellina erano piuttosto vincolanti su alcuni punti (produzione di una birra il più possibile legata alla provincia di Sondrio, prodotta con materie prime biologiche e mantenendo una filiera più corta possibile) ma ci è stata data carta bianca sullo stile da produrre, quindi abbiamo deciso di preparare due birre diverse e far scegliere a loro quella che più avrebbero trovato interessante. Dopo alcuni mesi di studi e perfezionamenti, in un pomeriggio dell’estate 2015 abbiamo presentato la GAS (Grande APA Sondriese) e la Strìa a un gruppo ristretto di soci del gruppo di acquisto ai quali è stato spiegato il progetto e sono state fatte assaggiare le due birre.
La prima è una birra di “moda”: chiara, con una bella schiuma pannosa, mediamente alcoolica, leggermente amara e molto, molto profumata con sentori di fiori e di frutta esotica;
La seconda una roggenbier (birra di segale) prodotta cercando di ricreare i sapori e i colori delle birre di segale che venivano prodotte nei paesi germanici prima dell’editto di purezza (Reinheitsgebot) emanato da Guglielmo IV di Baviera nel 1516 e nei secoli successivi esteso a tutta la Germania. Il risultato è stata una birra di colore tra l’ambrato e la tonaca di frate, dal sapore di cereali (orzo e segale) piuttosto marcato, con l’acidulo della segale ben bilanciato dal sapore pieno del malto utilizzato.
Nonostante qualche piccolo difetto della birra assaggiata (in particolare la gasatura decisamente insufficiente), la scelta dei soci è caduta a maggioranza sulla birra di segale, grazie alle sue particolarità storiche e al legame che poteva ricrearsi con la produzione di segale Valtellinese, oltre che, naturalmente alla gradevolezza di bevuta che la rende piacevole anche ai non appassionati di birra artigianale.
Grazie al prezioso aiuto di Franco abbiamo quindi contattato i birrifici più vicini spiegando il progetto e chiedendo la disponibilità alla produzione. Tutti hanno mostrato notevole interesse ma la scelta finale è caduta sul birrificio Pintalpina di Chiuro, principalmente per due motivi: l’impianto di produzione è più piccolo e consentiva di non avere sovraproduzione che non avremmo saputo come gestire e le finalità sociali della cooperativa che gestisce l’impianto sono state ritenute molto vicine alla filosofia che muove il gruppo d’acquisto, nonostante un costo di produzione leggermente superiore a quello proposto da altri.
Insieme al birrificio abbiamo quindi messo a punto la ricetta, identificato i produttori di malto biologico (tedesco e belga: purtroppo in Italia non esiste una produzione commerciale di malto d’orzo di qualità) e abbiamo contattato il produttore di segale per garantirci una quantità sufficiente di materie prime.
Verso la fine dell’estate abbiamo raccolto il luppolo (15 kg totali di luppolo fresco, usati solo parzialmente per questo progetto), che è stato poi essiccato, tritato e conservato sottovuoto e in congelatore fino al momento dell’utilizzo. Per determinarne le proprietà amaricanti e aromatiche, due lotti identici, di pochi grammi ciascuno, sono stati inviati a due laboratori differenti che ne hanno analizzato la composizione in alfa e beta acidi utilizzando due procedimenti differenti. I risultati presentavano alcune discordanze che bisognerà approfondire nei prossimi anni. Per il calcolo dell’amaro finale è stato usato un valore intermedio tra i risultati forniti da ciascun laboratorio.
A ottobre del 2015 eravamo finalmente pronti per la produzione. La cotta è durata più di 11 ore e Mattia, il mastro birraio del birrificio Pintalpina, si è profuso per tutta la giornata per ottenere il miglior risultato possibile e i risultati sono stati all’altezza delle aspettative.
La prima bottiglia è stata stappata ed assaggiata alla fine di novembre e i commenti sono stati tutti positivi. La distribuzione delle bottiglie ai soci del gruppo d’acquisto è avvenuta nelle prime settimane di dicembre.
Prendendo a prestito un motto usato in tutt’altro ambito, concludo con un avvertimento: “Tremate: le streghe son tornate!” e prosit a tutti.
NOTE:
La legge italiana permette la produzione di birra fatta in casa dal 1996 senza il pagamento delle accise, a condizione che la birra così prodotta non venga venduta e sia usata solo in ambito casalingo per il consumo personale e dei propri ospiti (art 34 D.L. n.504 del 26 ottobre 1995).
CONTATTI:
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GASTellina (http://www.gastellina.org/)
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Birrificio artigianale e sociale Pintalpina (http://www.pintalpina.it/)
- Gruppo brassicolo “I Salvadech” (http://gruppobrassicolosalvadega.wordpress.com/ oppure su Facebook: http://www.facebook.com/GruppoBrassicoloSalvadega e http://www.facebook.com/LuppoletoSalvadega )
- Raethia biodiversità alpine di Patrizio Mazzucchelli e Greta Roganti (http://raetiabiodiversitaalpine.wordpress.com)